Numeri e statistiche, realtà societaria ed ambiente in subbuglio, tutto sembra remare contro i granata in questa Serie A targata 2020/2021.
Ad oggi pare difficile trovare una squadra più in difficoltà del Toro: dopo 14 giornate, i punti in classifica sono 8, un bottino imbarazzante ed impronosticabile ad inizio campionato.
Per gol fatti (22), gli uomini di Giampaolo occupano la nona posizione in classifica, mentre in termini di reti subite (32), sono all’ultimo posto, persino dietro Crotone e Genoa, non esattamente due squadre che interpretano al meglio la fase difensiva.
Eppure, il Torino esprime un buon calcio, questo è innegabile, tanto quanto si vede la mano di Giampaolo, tecnico, a detta nostra, di assoluto livello nonostante le ultime difficili stagioni.
Purtroppo però, i numeri dicono il contrario, ed è così che le statistiche ci vengono in aiuto per capire, almeno in parte, le difficoltà attuali che stanno attraversando Belotti e compagni.
Faccio una piccola premessa: non mi sono mai piaciute le statistiche.
Penso e credo che ogni squadra vada analizzata tenendo conto di una miriade di aspetti che esulino dai semplici numeri, cercando di scavare fino in fondo per arrivare a comprendere realmente una determinata situazione.
Questo articolo quindi, tratterà, almeno inizialmente, la realtà del Torino sotto un punto di vista statistico, per poi allargare la propria sfera fino ad arrivare a toccare temi diversi dalle semplici prestazioni offerte in campo.
NUMERI A CONFRONTO
Se prendiamo in considerazione l’anno 2019, i granata sono stati in grado di totalizzare 59 punti, contro i 27 del 2020.
30 punti di differenza sono un’enormità e ci mettono difronte al fatto che la squadra, ormai da un anno, fatica a vincere anche contro le ultime della classe.
Sono attualmente 9 le gare disputate tra le mura amiche senza ottenere i fatidici 3 punti che attualmente smuoverebbero, a non di poco, una classifica terrificante.
Era dal 1950 che, nel corso di un anno solare, i granata non subivano così tanti gol: il 2020 ne ha visti registrare ben 74.
Vogliamo passare ai numeri dall’attuale stagione?
8 punti in 14 giornate.
22 gol fatti: nono attacco della Serie A.
32 gol subiti: peggiore difesa della Serie A.
23 punti persi da situazione di vantaggio.
Aspettate, perché non siamo ancora arrivati alla fine di questi maledetti numeri.
Proviamo a dividere i 90’ totali di una partita in frazioni da 15’ l’una.
Dal 1’ al 15’, i granata ha segnato 4 gol contro i 3 subìti.
Dal 16’ al 30’, sono in perfetta parità: 4 e 4; così come dal 30’ al 45’: 2 e 2.
Con l’inizio del secondo tempo, a dimostrazione dei 23 punti persi da situazione di vantaggio, i numeri cambiando, e di molto.
Dal 46’ al 60’ sono 3 i gol fatti contro i 4 subìti.
Dal 61’ al 75’ arriviamo a 5 contro 7, vedendo andare in negativo le statistiche, per poi registrare un tracollo senza precedenti negli ultimi 15’: 4 gol fatti, 12 subìti.
Non voglio annoiarvi proponendovi tutto ciò che riguarda occasioni create con conseguenti tiri verso la porta avversaria: potete arrivarci da soli, vi dico solo che si passa dai 22 tiri subìti complessivamente in 14 partite nei primi 30’, per arrivare a 41 negli ultimi 15’.
Tracollo psicologico? Fisico? Di personalità?
E chi può dirlo.
Possiamo solo renderci contro del fatto che gli ultimi 15’ di ogni gara che il Toro affronta sono un continuo suicidio, al quale sembra non esserci rimedio.
OLTRE I NUMERI
Si, oltre ai numeri, perché i numeri non sono tutto.
Dobbiamo analizzare ogni singola situazione considerando molteplici aspetti che hanno poco a vedere con ciò che accade in campo.
È da più di anno che i granata sono in caduta libera.
Dopo l’eliminazione contro i Wolves all’ultimo turno preliminare di Europa League, i prezzi pregiati della società sembravano diretti verso altri lidi per poi fare marcia indietro.
Gli stessi giocatori che, nel giro di una stagione, hanno fatto registrare prestazioni al limite dell’imbarazzante.
Ci ha provato prima Mazzarri, poi Longo ad infine Giampaolo, ottenendo sempre gli stessi risultati.
Il gioco è migliorato ma in Serie A l’unica cosa che conta è portare a casa le partite, in un modo o nell’altro, soprattutto quando si affrontano momenti così delicati.
Non si possono perdere 23 punti da situazione di vantaggio, non si può essere la peggior difesa dopo 14 giornate considerando il livello tecnico degli uomini a disposizione.
Non si può non vincere da 9 partite consecutive in casa e non si può occupare l’ultima posizione in classifica a fine dicembre.
Qua non si tratta di numeri.
Ci sono aspetti psicologici e ambientali che hanno effetti devastanti sulle prestazioni di una squadra.
I cali che arrivano negli ultimi 15’ sono frutto di anni di scelte sbagliate, o meglio, non fatte.
Serviva un regista a Giampaolo, è arrivato? No.
Serviva un trequartista, è arrivato? No.
Servivano ricambi adeguati, sono arrivati? No.
Così diventa difficile, soprattutto se in panchina hai uno come Giampaolo, un tecnico che propone e mira al consolidamento di determinati principi tattici.
Bisogna far fuoco con la legna che si ha a disposizione, tutto vero, ma allora non prendi Giampaolo, ne prendi un altro, uno che conosca alla perfezione le zone basse della classifica, uno che sappia come arrivare alla fine di queste 38 giornate e salvarti la squadra.
Vedere il Toro così in basso fa male: per la sua storia e per l’agonismo che quella maglia è in grado di trasmettere a chiunque ami il calcio.
Il solo Belotti non può farcela da solo, devono esser fatte scelte forti per ribaltare da cima a fondo un ambiente che ad oggi sembra sul punto di esplodere.
Il tempo per risollevarsi in classifica non manca, ma il livello delle squadre di Serie A è cresciuto e non esistono più partite semplici da portare a casa.
Tra qualche giorno aprirà il calciomercato e qualcosa dovrà esser fatto per cercare di invertire la rotta.
‘Uomini forte destini forti, uomini deboli, destini deboli’.
Queste furono le parole che Spalletti recitò in un’intervista post partita di qualche anno fa durante un periodo delicatissimo che la sua Roma stava vivendo a fine campionato.
Riproporle ha un preciso intento.
A buon intenditor, poche parole.